Torna  sulle Dolomiti Ampezzane la rassegna Sentieri d’arte, a cura di Fulvio Chimento e Carlotta Minarelli, con la mostra I giardini di Artemide che include gli interventi di Margherita Morgantin e Italo Zuffi.

La mostra è allestita nel primo tratto del sentiero di Pian de ra Spines, collocato nei pressi di Fiames, caratterizzato dalla presenza di boschi e dalle sinuosità del letto del fiume Boite, mentre nella seconda parte del sentiero è possibile ammirare le opere permanenti realizzate per l’edizione 2021 di Sentieri d’arte da Benni Bosetto, Cuoghi Corsello, Dado e Maurizio Mercuri. Organizzata da Associazione Controcorrente, Regole d’Ampezzo e Liceo Artistico di Cortina, l’esposizione mette in scena le opere di Margherita Morgantin e Italo Zuffi che si aggiungono a quelle realizzate in primavera da T-yong Chung, in occasione di un workshop presso il Liceo Artistico di Cortina.

Il titolo della mostra rimanda a una guida letteraria per escursionisti scritta dal poeta e scalatore Giovanni Cenacchi, che ha saputo descrivere le peculiarità di questo territorio in modo penetrante e raffinato. Nel volume Dolomiti cuore d’Europa (Hoepli, 2021) Cenacchi dedica un intero capitolo proprio al sentiero di Pian de ra Spines, così descritto:

Lo spazio dei boschi di fondovalle e delle selve alle pendici delle grandi pareti è dunque un regno delle linee curve. Sul trono di questo regno gli antichi Greci posero la dea Artemide, figlia semprevergine di Zeus e di Leto, divinità dei monti e dei boschi in cui amava scorrazzare senza sosta con arco, faretra e un corteo di ninfe e fanciulle di nove anni di età, le “arktoi” (orse).

I Giardini di Artemide vuole stimolare un esercizio percettivo del rapporto tra uomo e natura ispirato al sentire del mondo greco, consacrando proprio ad Artemide una porzione del territorio dolomitico e marcando questa presenza attraverso gli interventi degli artisti coinvolti. Il sentiero di Pian de ra Spines, interpretato quindi dal punto di vista artistico, si trasforma idealmente nel Regno di Artemide, la cui presenza è rintracciabile secondo la visione classica ovunque siano presenti sulla terra “ombrose montagne, deserte o ammantate di boschi, dove scorrono freschi ruscelli e stagnano limpidi laghetti” (da Treccani). Inoltre, gli antichi greci identificavano Artemide nella Luna, rintracciando l’influenza della dea nel proliferare di tutte quelle forme di vita su cui poteva riflettersi l’attività lunare.

L’allestimento delle opere di Margherita Morgantin, Italo Zuffi e T-yong Chung determina una modificazione, seppur lieve, all’interno dell’ambiente naturale, che trasforma una parte del sentiero in un “giardino” ideale: le opere possono essere lette nella propria valenza estetica e funzionale, oppure acquisire valore di “offerte” disinteressate alla natura, ma anche manifestarsi quali tangibili presenze del passaggio di Artemide. All’interno di questa suggestiva cornice formale celebrata dal paesaggio dolomitico, sembra emergere l’immagine suggerita da Johannes Wolfgang Goethe, che evoca la natura come “simile a una danzatrice che rapisce nel vortice della sua danza e poi ci lascia andare e cadere dalle sue braccia, immemore e dimentica”.

 

La tradizione classica insegna che non esiste una natura benevola o malevola: essa esercita la propria funzione indipendentemente dalla volontà umana, non può essere dominata e l’uomo deve adattarsi e accettare il proprio stato di transitorietà. Nella natura fluisce sempre una forza vitale, poiché il fine è l’affermazione della vita stessa: alla morte segue incessantemente la nascita (e viceversa). Non a caso Artemide è, al tempo stesso, protettrice degli animali selvatici e della caccia. Artemide attrae il visitatore nel proprio “giardino dolomitico” in Pian de ra Spines, spingendolo a “perdersi” e a inebriarsi del paesaggio in modo che possa percepire quella forza vitale, eterna, che i Greci proiettavano nell’ambiente, ai loro occhi realmente popolato da entità spirituali.

Per I giardini di Artemide Margherita Morgantin propone l’idea di una mini-residenza in alta quota collegata al sentiero di Pian de ra Spines, dove sono allestite due frecce inserite nel tronco di alberi: una indica la direzione di Baita Lerosa, collocata a 2071 metri di altezza nelle vicinanze di Forcella Lerosa, dove l’artista trascorre la sua residenza; l’altra è orientata verso la Piccola Croda Rossa, rifugio nei pressi del Lago di Fosses, dove i pastori trascorrono il periodo estivo per condurre i greggi in alpeggio. Morgantin trasforma idealmente la piccola baita incastonata nel paesaggio dolomitico in un campo di osservazione meteorologica e astronomica, un luogo dedito alla meditazione, al disegno e alla scrittura, in cui raccogliere dati e segni che confluiranno in una pubblicazione cartacea in grado di dare respiro a questa esperienza. Sul recinto esterno di Baita Lerosa, l’artista colloca una terza freccia con una punta trasparente di quarzo time link, direzionata verso la stella del mattino, Venere, in un momento preciso dell’anno, omaggio trasversale alla figura di Artemide. All’interno della baita, una drusa di ametista dell’Uruguay con la forma accogliente di una piccola grotta/greppia costituisce la “ricevente” del segnale proveniente da una delle frecce nel fondo valle, creando un legame energetico tra i due punti.

Italo Zuffi presenta due nuovi interventi site-specific. Una specie di illusione, che l’artista colloca ai margini del sentiero di Pian de ra Spines, è una scultura formata da due chiavi e un portachiavi, nel quale si legge la scritta “bosco”: tutti gli elementi della composizione sono ingranditi di venti volte rispetto alle dimensioni reali, dando l’impressione che siano accidentalmente caduti dalla tasca di una creatura gigantesca che abita queste foreste, forse la stessa Artemide. Abbinamento si presenta come un semplice cucchiaio ricavato da un unico pezzo di legno, ma dal manico eccessivamente allungato. L’opera è collocata su uno dei rami degli abeti presenti nel bosco di Pian de ra Spines, esposta agli agenti atmosferici fino a quando le sarà possibile, in ragione della sua esilità. Entrambe le opere, che presentano oggetti di uso quotidiano in contesti e dimensioni inaspettati, appaiono distorte da una sorta di meccanismo ottico, nel primo caso da una lente di ingrandimento che sembra agire nella dimensione del “gigantismo”, mentre nel secondo caso lo sguardo sembra attraversato da una lente deformante, che determina una giocosa tensione sul modo di percepire la realtà. Adattandosi all’interno di una dimensione naturalistica, la ricerca di Zuffi mantiene intatto il proprio campo di indagine, muovendosi sul confine poetico del non detto, l’esasperazione del dettaglio, l’influsso di una forza invisibile sulla materia apparentemente statica, ma in realtà in perpetuo, segreto movimento.

Nell’ambito di un workshop con studenti e studentesse del Liceo Artistico di Cortina D’Ampezzo, T-yong Chung ha realizzato due installazioni site-specific sul sentiero di Pian de ra Spines. Shining, composta di cinque catene con cerchi in ottone di differente misura, appese agli abeti della foresta, sembra circoscrivere un’area sacra all’interno della vegetazione, come se l’artista avesse creato delle quinte teatrali definite, ma al tempo stesso molto aeree; il secondo intervento intitolato Traccia (Cortina d’Ampezzo) consiste nell’applicazione di ciotole di ottone capovolte su alcuni massi di roccia dolomitica, che vengono abitualmente utilizzati dai camminatori per sedersi, riposarsi e osservare il paesaggio. Le ciotole dorate creano un contrasto armonico con la roccia, trasformando ogni masso in una scultura, e costituiscono un rimando alla Dea Artemide in quanto erano abitualmente atte ad accogliere il cibo e la frutta nei banchetti offerti alla divinità quali buon auspicio di prosperità.

La mostra ha ottenuto il patrocinio del Comune di Cortina d’Ampezzo.

Le opere che compongono la mostra I giardini di Artemide sono fruibili con modalità libera lungo il sentiero di Pian de ra Spines ed esposte in modo permanente.

Quest’anno Sentieri d’arte espande il suo raggio d’azione dal Veneto alla Lombardia con una seconda esposizione, Polline, in Valle Intelvi sulle Prealpi lombarde, vedrà gli interventi site-specific di Simone Berti, Caretto/Spagna, Jonathan Vivacqua (da settembre a novembre 2022). Le due mostre nascono in differenti ambiti geografici, storici e naturalistici, ma sono accomunate dall’intento di realizzare percorsi artistici organici integrati al paesaggio e in grado di dialogare con le precise istanze culturali legate al territorio.